UNO SCORRIDORE LIGURE DI LEVANTE (1999) “Il moto profondo del mio cinema sta nell’armonizzare cose distanti, ripristinando il continuo della realtà che si è frantumata o che si frantumerà, ma non amo il cinema come illusione totale. Devo compiere incursioni dentro la realtà, per l’esigenza carnale, più che intellettuale, di stare e cercare in mezzo alla gente, guardando e ascoltando, per alimentare il sogno che affettività e creatività modifichino le aberrazioni del mondo.”Con un bel saggio di Morando Morandini e uno di Luigi Faccini sul piano sequenza nella generazione dei cineasti agli esordi nei primi anni settanta.